Spilla Cazzuola con smalto Blu, squadra e...
Bellissima spilla raffigurante una Cazzuola smaltata in blu e con una piccola squadra e compasso. Placcata Oro 18 kt. e smalto. Dimensioni: 12 mm.
Picola e particolareggiata pin raffigurante il nodo d'amore placcato Oro 18 kt.
Una vera miniatura.
Dimensioni: 15 mm.
Picolo e particolareggiato pin raffigurante il nodo d'amore placcato Oro 18 kt.
Dimensioni: 15 mm.
I NODI D’AMORE
La Fratellanza, uno dei principi che governano la nostra Istituzione, così importante e fondamentale da essere utilizzato come sinonimo della Massoneria stessa, trova la propria rappresentazione simbolica all’interno del Tempio per mezzo di una corda che ne avvolge il perimetro, intrecciata ad intervalli regolari per formare dei particolari nodi detti “Nodi d’Amore”. Una corda analoga, chiamata “Nappa a Frastagli”, si trova riprodotta nel perimetro del Quadro di Loggia.
Quello del nodo è uno dei simboli più utilizzati, tanto nelle discipline esoteriche quanto nella società profana, ed il cui significato non è mai univoco, essendogli ora attribuita una valenza positiva, quale rappresentazione di un legame, di un affetto o di un’unione, e quindi un punto di arrivo; ora una valenza negativa, in quanto raffigurazione di un impedimento, di un ostacolo o di una restrizione, e quindi di un punto da superare e rimuovere.
Per gli Egizi il nodo era simbolo di vita: il nodo di Iside era simbolo di immortalità e veniva raffigurato spesso in mano, sulla testa od alla cintura della Dea. Buddha, invece, insegna che “disfare i nodi del cuore” è il processo che porta l’uomo alla liberazione, all’elevazione dell’essere; ma anche che il “nodo mistico” è uno degli “otto tesori” che simboleggia la durata della vita spirituale che consiste in infinita sapienza. Nel tantrismo i nodi sono associati ai chakra, ed è fondamentale aprire questi “nodi” per far fluire l’energia vitale nell’uomo. Nella mitologia indiana, nodi, lacci e
corde sono associati alla divinità della morte, dei demoni e
delle malattie. Nel Corano si fa riferimento alla pratica dei
nodi usata dalle streghe che vi soffiano sopra per procurare
un sortilegio, ma presso gli arabi il nodo ha anche valenza
protettiva, e gli uomini si annodano la barba per
scongiurare il malocchio. Presso alcune comunità rurali,
lasciare alcune spighe di grano intrecciate sulla nuda terra
dopo la mietitura propiziava i raccolti successivi. Anche i
serpenti, intrecciati od annodati tra loro, stanno a
simboleggiare il concetto di rinnovo e durata della vita. Un
simbolo molto conosciuto ancora oggi è il “nodo di
Salomone”, che si ritrova quale elemento decorativo in
numerosi mosaici e pavimenti. E’ costituito da complicati
intrecci geometrici, il cui significato esoterico è
riconducibile alla fusione di più elementi che danno origine
ad un “unicum”, mentre la cultura popolare gli attribuisce
il potere di disperdere stregonerie e malefici. Nella simbologia cristiana ritroviamo i nodi sui copricapo delle più alte gerarchie ecclesiastiche, mentre i nel cordone dei frati i tre nodi ricordano i voti di castità, povertà e obbedienza. In astrologia, di particolare interesse sono i nodi lunari, ovvero i punti in cui la luna nella sua orbita interseca l’eclittica. Si ha un nodo lunare ascendente, chiamato Testa di Drago o Caput Dragonis, a partire dal quale l’orbita lunare va verso latitudini positive (sale), e un nodo lunare discendente, chiamato Coda di Drago o Cauda Dragonis, a partire dal quale l’orbita lunare scende verso latitudini negative (cala). L’intero ciclo è chiamato ciclo Dragoniano; al nodo ascendente è attribuita una facoltà amplificatrice delle influenze degli altri pianeti (positive ma anche negative), mentre al nodo discendente si riconosce una facoltà mitigatrice di tali influenze.
Di notevole interesse e per molti aspetti più vicine alla tradizione massonica, sono le cosiddette colonne ofitiche, ovvero le colonne annodate, presenti in molti edifici sacri la cui ideazione e costruzione è dovuta ai Maestri Comacini. Si tratta di colonne che presentano il fusto annodato, il quale, lungi dall’essere un puro motivo di decorazione, introduce in quello che è l’elemento fondamentale, portante della costruzione, la colonna, un richiamo ai legami di cooperazione che legava gli appartenenti a questa confraternita, considerata dai più come la concreta Massoneria operativa alla quale oggi si ispirano i nostri lavori speculativi. Il nodo è da essi utilizzato quale simbolo dell’unità e del legame che unisce ai doveri, riconducibile al mondo simbolico dell’arte edile, la quale ha le proprie regole imprescindibili a cui tutti i “muratori” dovevano attenersi per garantire solidità e stabilità alla costruzione. Il più antico esempio che si conosca di tale architettura si ha nel pulpito longobardo della pieve di Gropina, in provincia di Arezzo, risalente all’VIII secolo. Altre colonne ofitiche si trovano nel duomo di Trento, nella basilica di San Zeno a Verona, nell’abbazia di Vidor a Treviso, nella chiesa di San Michele a Lucca, nella basilica di San Marco a Venezia, solo
per citare alcuni dei siti più interessanti. Il pulpito di Gropina Di questo antico simbolo, permane oggi all’interno del Tempio massonico, come già detto, la sequenza dei Nodi d’Amore, della quale mi appresto ora, dopo queste brevi
note introduttive, a parlare nel dettaglio, con l’avvertenza
che, come per qualunque altro simbolo, l’interpretazione esposta non potrà che essere parziale e limitata dalla mia visione soggettiva, e come tale, auspicabilmente, suscettibile delle vostre integrazioni e personali considerazioni.
La prima indicazione che certamente si ritrae dalla successione continua dei nodi d’amore è l’immagine dell’unione fraterna che lega tutti i Massoni del mondo, senza distinzioni di razza, condizioni e convincimenti. Il cordone con i nodi circonda tutta l’estensione del Tempio, ed in ciò si ravvisa che il mondo della Massoneria, cioè il mondo della virtù, ricomprende l’intero universo, così come simboleggiato dal Tempio stesso. Il cordone si riunisce presso le due colonne, Joachin e Boaz, i due pilastri, i sostegni del Tempio, esplicito riferimento al fatto che la stabilità della Massoneria è legata all’unione fraterna dei suoi adepti. In tal senso, i nodi d’amore sono la riproduzione materiale e permanente della Catena d’Unione che i Fratelli compongono al termine dei loro lavori.
Così come ogni strumento presente nell’Officina trova riscontro in un utensile impiegato dai Massoni operativi, così anche il cordone con i nodi di amore si riallaccia alla cordicella che viene impiegata per delimitare sul terreno gli spazi sui quali deve sorgere l’edificio. Già gli agrimensori dell’antico Egitto impiegavano una cordicella a nodi per misurare e tracciare i perimetri dei campi dopo le piene del Nilo. Siamo quindi in presenza di uno strumento che delimita, ordina gli spazi entro i quali operare.
Il nodo d’amore è formato da due curve entro le quali il capo della corda, dopo averle intersecate, riprende a percorrere la sua direzione originaria. Ne trae origine una figura a forma di otto coricato che in matematica rappresenta l’infinito. Sebbene nei trattati di matematica tale segno è stato introdotto relativamente di recente, e precisamente nel 1665 da Jacques Bernoulli, esso ha un’origine ben più antica ed è conosciuto come “simbolo della vita e dello spirito universale”. Nei Tarocchi lo troviamo raffigurato nel copricapo della prima lama, il Bagatto, ed è associato alla capacità creativa del pensiero, alla realizzazione della personalità, tutti aspetti legati a questa carta. Personalmente, ritengo però più appropriato
accostare la simbologia fin qui delineata del nodo d’amore alla quinta carta dei Tarocchi, il Papa, in quanto ad essa si attribuisce la funzione di unione, di ponte fra il cielo e la terra, e la capacità di dare una risposta ai grandi interrogativi dell’umanità.
Il nodo è il punto della riflessione, il momento lungo il percorso verso la conoscenza in cui qualunque massone prende coscienza del legame che lo unisce agli altri cercatori. E’ questa condivisione di intenti a renderci tutti fratelli, e la consapevolezza di questa unione, lungi dal rappresentare un vincolo dal quale liberarci, può condurre ad una realizzazione più duratura di sé stessi. Emblematico in tal senso è il mito del nodo di Gordio. Gordio, re di Frigia, aveva legato il timone del proprio carro con un nodo così complicato che nessuno era in grado di scioglierlo. Secondo l’oracolo, l’impero d’Assia sarebbe andato nelle mani di chi vi fosse riuscito. Dopo molti vani tentativi, Alessandro Magno tagliò il nodo con la spada, ed ebbe il regno, ma in modo
effimero, perché lo perse subito. Non la violenza e il rifiuto, là dove invece occorrono perseveranza e pazienza, possono condurre alla propria realizzazione, ma solo dare l’illusione di ciò.
Certamente non dubito che vi possa essere anche in massoneria chi interpreta negativamente la valenza di un tale simbolo di fratellanza e di esaltazione del percorso di ricerca, vivendolo all’opposto come una limitazione, un peso, un vincolo alla propria libertà di azione. Sono coloro che vedono appunto nella massoneria una mezzo per conseguire risultati illusori, per soddisfare i propri desideri di potere e di ordine materiale, che non hanno compreso il senso del nostro stare insieme, della condivisione degli ideali, della comune ricerca alla piena comprensione del senso della nostra esistenza. Per chi ha cognizione di ciò, il nodo d’amore è un nodo da rinserrare, per gli altri, un nodo da recidere.
Non meravigli quindi il dualismo insito in tale simbologia: la dualità è una caratteristica intrinseca del manifesto. Sta a ciascuno di noi scegliere quale accezione vogliamo fare propria, e viverla di conseguenza. Proprio perché scelto liberamente e consapevolmente, il legame rappresentato dal nodo d’amore non rappresenta un impedimento per il vero massone, ma anzi, mettendo a frutto la propria esperienza iniziatica, egli può giungere a viverlo, a vivere la fratellanza, quale manifestazione del legame che esiste fra cielo e terra, fra corpo e spirito, fra macrocosmo e microcosmo, mosso dall’impeto del più prezioso dei sentimenti: l’amore.
Tratto da Ars Regia, rivista on Line.
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