Pin ramo di Acacia
Pin ramo di Acacia placcato oro 18 kt. medio (alto 12 mm.) ma estremamente particolareggiato ed elegantemente discreto.
Da "La lettera G"
In numerosi «documenti fondatori» e manuali d’istruzione massonici, il segno di riconoscimento verbale tra iniziati è espresso in una precisa forma di dialogo: alla domanda «Siete voi Maestro Massone?», segue la risposta «Conosco l’acacia». Tale simbolismo assume un ruolo tanto centrale, in riferimento al massimo grado conseguibile nella Massoneria azzurra 1 , da far presupporre una stretta relazione con l’essenza stessa della Maestria, relazione cui si accenna, infatti, nel passaggio del manoscritto Francken posto in epigrafe 2 . Qui la risposta si potrebbe tradurre «Conosco il ramo d’acacia, e tutto ciò che esso cela», ma anche – in corrispondenza ai diversi significati che può assumere il termine consumates 3 – «tutto ciò che esso realizza» o, meglio, «tutto ciò che attraverso di esso si porta a compimento» (o «a perfezione»).
Nella leggenda di Hiram il ramo d’acacia marca il passaggio tra la «seconda morte», morte al mondo psichico, e la «terza nascita», nascita al mondo spirituale: in questa sua funzione, esso corrisponde tanto al ramo d’oro di Enea quanto al ramoscello degli iniziati di Eleusi; finanche, vi si può trovare qualcosa di analogo nel salice della tradizione cinese 4 . Ma se il rapporto tra il simbolismo vegetale e tale «terza nascita», o «rigenerazione», rappresenta notoriamente uno dei temi tradizionali più universalmente diffusi, meno risaputa è la sua esistenza, in seno alla stessa dimensione massonica, anche in forma indipendente dalla leggenda di Hiram 5 .
Così, nel manoscritto Dumfries, d’origine scozzese, troviamo la singolare figura di Minus Greenatus, «alias il Verde, eccellente muratore che partecipò alla costruzione del Tempio di Salomone e fu amato da Carlo Martello» 6 . Minus Greenatus potrebbe essere tradotto come «piccolo nato/rinato verde» (greennatus / ri-natus) 7 , ciò che rimanda all’idea di germoglio, di nuova nascita o, meglio ancora, di rinascita a un nuovo mondo.
Ancora, in un manoscritto d’origine scozzese, l’Edinburgh, troviamo un’allusione particolarmente enigmatica al simbolismo vegetale, questa volta in rapporto con quel «segreto» celato dall’acacia da noi citato in apertura: «Dove troverò la chiave della tua loggia? A tre piedi e mezzo dalla porta della loggia sotto un perpendicolo [perpend esler] e una zolla erbosa [green divot]» 8 .
Il fatto che la chiave della loggia, ovvero ciò che apre l’accesso al «luogo sacro», si trovi nascosta sotto una zolla verde 9 , assimilabile al tumulo dal quale germoglia la nuova pianta, non può essere certamente frutto di una scelta casuale: tanto più che il carattere segreto, questa volta relativo al vegetale in se stesso, si trova associato alla leggenda di Hiram fin dalle prime divulgazioni massoniche.
In A Defence of Masonry, ad esempio, quando a proposito di Hiram viene citato il ramo d’oro di Virgilio nella versione di Dryden, si fa riferimento a una pianta «celata», nascosta agli sguardi indiscreti dei profani: «Nel vicino boschetto /c’è un albero consacrato a Giunone infernale; / una folta selva e un’ombra cupa / nascondono il fortunato arbusto dagli sguardi dei mortali» 10 .
Ma cos’è dunque questa pianta segreta, custode dei segreti della Massoneria e nascosta agli occhi del mondo? Sono gli stessi Masonic Catechisms del secolo XVIII a rispondere a questa domanda, affermando che il nome del Maestro Massone è Cassia 11 , ovvero quello della pianta sostituita all’acacia nei rituali inglesi dell’epoca e nelle Costituzioni di Anderson del 1738. Il Maestro Massone è dunque l’essere divenuto cosciente del fatto che tutti i segreti sono in lui; è l’uomo rigenerato, il cui stato interiore deve restare nascosto agli occhi di chi non è ancora in grado di comprendere la più profonda essenza dell’arte.
Questo ci riporta al significato di «compimento», o «perfezione», associato all’acacia nella citazione in epigrafe: tale perfezione, riferita al grado di Maestro, non può che alludere alla realizzazione dello «stato primordiale», inteso come padronanza di tutte le facoltà inerenti lo stato umano, stabilitosi in quel luogo interiore, simbolicamente definito «Paradiso terrestre». In questo senso l’acacia, richiamando l’idea di uno stato al di là del divenire in quanto pianta «sempreverde», non soggetta alla ciclicità delle stagioni, può essere adottata come sostituto dell’«Albero della Vita» che si trova al centro dell’Eden, «centro [che] è diventato inaccessibile per l’uomo decaduto, il quale ha perduto il “senso dell’eternità”, che è anche il “senso dell’unità”; ritornare al centro, in virtù della restaurazione dello “stato primordiale”, e raggiungere l’“Albero della Vita”, significa riacquisire tale “senso dell’eternità”» 12 .
La realizzazione di tale «stato primordiale» è il fine di tutte le forme d’iniziazione ai piccoli misteri ed è, allo stesso tempo, il punto di partenza dei grandi misteri: così, nell’esoterismo islamico «corrisponde a quella che […] è indicata come la “stazione divina”, che è “quella che riunisce i contrasti e le antinomie” » 13 , mentre nel Taoismo viene denominata «Invariabile Mezzo», «il luogo – cioè – del perfetto equilibrio rappresentato quale centro della “ruota cosmica”, centro che è pure, in pari tempo, il punto in cui si riflette direttamente l’“Attività del Cielo”» 14 ; parimenti, se ne trova una chiara espressione, perfettamente concordante con quelle appena riportate, anche nell’opera di un Fedele d’Amore come Francesco Petrarca: «Pace non trovo e non ho da far guerra, / e temo e spero, et ardo e son un ghiaccio, / e volo sopra ’l cielo e giaccio in terra, / e nulla stringo e tutto ’l mondo abbraccio» 15 .
È interessante notare come all’«Albero della Vita», simbolo dell’unità dello Spirito e posto al centro del «Paradiso terrestre», può trovarsi associato un secondo albero, l’«Albero della Scienza del bene e del male», simbolo della dualità e della forma di conoscenza caratteristica del mondo psichico: vi sono illustrazioni che mettono in evidenza il rapporto tra questi due alberi riunendoli in un unico albero, ternario, raffigurato come tre alberi uniti alle radici, oppure in un albero con tre radici e tre rami, facendone così un simbolo che è la sintesi dell’unità e della dualità 16 .
Dunque, dire che il Maestro Massone «conosce l’acacia» equivale ad affermare che «conosce se stesso» dal punto di vista centrale. Egli si è identificato con l’«Albero della Vita», non perché è diventato qualcosa di «diverso» da quel che già era, ma perché è riuscito a procedere oltre a quella conoscenza duale che lo rendeva schiavo del mondo delle apparenze.
Per quanto si possa esprimere la cosa in modo apparentemente semplice, non è affatto facile comprendere cosa ciò significhi, vivendo in un mondo che non possiede neppure un vocabolo per definire tale tipo di «conoscenza». Il termine stesso «intuizione», che per etimologia sarebbe il più adeguato 17 , è normalmente definito in termini negativi, ovvero come modalità di conoscenza che non si avvale della ragione: ora, è chiaro che considerare le cose in modo così generico non può che portare alle più bizzarre confusioni, se pensiamo, tanto per fare un esempio, che l’istinto di un cane da caccia e la visione della Sibilla possono essere definiti nello stesso modo. Per questo motivo, nelle opere di René Guénon, la «forma» di conoscenza cui si riferisce l’affermazione «conosco l’acacia» è nettamente qualificata come «intuizione intellettuale»; pur tuttavia, è lecito domandarsi se tale precisazione venga sempre colta nel suo reale significato, tanto essa è estranea alle modalità di pensiero corrente.
A nostro parere, per comprendere qual è tale «forma» di conoscenza, è essenziale focalizzare bene questo punto cruciale: l’«Intelletto» che la rende possibile non è una facoltà individuale. Non è neppure una facoltà «collettiva», condivisa da un certo numero di individui. E neanche è una prerogativa tipicamente «umana», qualunque sia l’estensione che si voglia attribuire a tale termine. L’Intelletto è lo Spirito Universale: dalla definizione di tale identità, tutte le proprietà dell’intuizione intellettuale, o, in altri termini, della visione interiore, discendono come conseguenze.
Parlando di «orizzonte intellettuale» in tale prospettiva, non ci si riferisce dunque alla capacità, sviluppata da un individuo, di comprendere tale o talaltra cosa: si tratta, piuttosto, della capacità di non «oscurare» con le proprie limitazioni individuali ciò che costituisce la sua vera essenza, e di rendersi conto che la luce della conoscenza, la Gnosi, fluisce da sempre attraverso il suo essere.
È questa, in definitiva, la rigenerazione attraverso la quale il Maestro Massone comprende il segreto che non potrà mai tradire. Esso non potrà mai essere comunicato ad alcuno, per il semplice motivo che nessuno può, in qualsivoglia condizione, comprendere per conto di un altro: «l’iniziazione massonica, come del resto qualunque altra iniziazione, ha per fine l’ottenimento della Conoscenza integrale, che è la Gnosi nel senso vero della parola. Potremmo dire che è questa stessa Conoscenza che, propriamente parlando, costituisce realmente il segreto massonico, ed è perciò che questo segreto è essenzialmente incomunicabile» 18 .
Le evidenze sono ovunque, da sempre. Un numero incalcolabile di uomini ne ha parlato, e continua a parlarne. E tuttavia è il segreto più profondamente nascosto della storia umana: il ramo d’acacia, e tutto ciò che esso cela.
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